Le linee guida italiane ne raccomandano il consumo di almeno 2-3 porzioni al giorno (ossia 250-375 millilitri, circa due tazze) per persona adulta, a cui aggiungere un massimo di 3 porzioni a settimana di formaggio (da 50 a 100 gr a seconda che sia fresco o stagionato). Eppure il latte rimane un alimento “controverso”: mentre alcuni studi, infatti, ne vantano le proprietà benefiche e ne sottolineano l’importanza all’interno di un regime alimentare equilibrato, altri sembrano puntare soprattutto sulle controindicazioni legate a un consumo eccessivo di latte e derivati.
Il latte è un toccasana contro l’osteoporosi?
Tra i motivi che tradizionalmente rendono il latte un alimento altamente consigliato c’è l’apporto di calcio, indispensabile per la salute delle ossa. Il latte, in particolare, è stato da sempre considerato un aiuto fondamentale contro l’osteoporosi. Recenti studi, però, dimostrerebbero che non c’è alcuna correlazione tra il consumo di latte e derivati e l’insorgere della malattia. Nello specifico, le donne che consumano quantità maggiori di latte non hanno meno probabilità di sviluppare l’osteoporosi. Il latte, in altre parole, non ha una funzione protettiva. Va considerato, certo, che l’osteoporosi è una patologia multifattoriale: capacità di assorbimento intestinale ridotte, menopausa, assunzione di farmaci, mancata esposizione al sole incidono sulle probabilità di sviluppo. E che il calcio, del resto, è assumibile anche attraverso altri alimenti quali le mandorle, l’acqua, le verdure a foglia verde. Nello specifico degli studi in questione, poi, l’alta incidenza di osteoporosi anche tra i consumatori forti di latte e derivati potrebbe essere legata all’alto livello di zuccheri: lattosio e galattosio, infatti, potrebbero aumentare le infezioni croniche, oltre che incidere sui processi degenerativi e di invecchiamento.
Latte e tumori: esiste una correlazione?
Altri studi collegherebbero un consumo eccessivo di latte e derivati a maggiori probabilità di sviluppo di forme tumorali. Anche in questo caso va considerato che una molteplicità di fattori possono incidere sullo sviluppo dei tumori e che più che l’effetto del singolo alimento andrebbe valutato il regime alimentare nel suo complesso. Senza contare che ogni tipologia di cancro ha eziologia e sviluppo differente.
Un protettivo contro i tumori del colon-retto?
In alcuni casi, così, come in quello del cancro al colon-retto, il latte potrebbe avere addirittura effetti benefici. Il calcio contenuto nel latte e nei suoi derivati, infatti, legherebbe i fattori infiammatori degli acidi biliari e ridurrebbe la proliferazione delle cellule tumorali. Simili effetti si avrebbero anche per il cancro alla vescica.
Latte e cancro alla prostata
Diverse sono, invece, le evidenze per quanto riguarda il cancro alla prostata. Alcuni studi registrano un’incidenza superiore tra chi fa un consumo maggiore di latte e derivati. La ragione andrebbe cercata nel calcio: un apporto eccessivo, superiore a 2 grammi al giorno, infatti, potrebbe avere effetti nocivi per l’organismo. Ma non è escluso che la correlazione tra tumore alla prostata e latte sia riconducibile ad altri micronutrienti presenti nei prodotti caseari come gli zuccheri, i grassi, alcuni prodotti della fermentazione.
Gli estrogeni nel latte e il tumore al seno
Controverse, invece, le evidenze per quanto riguarda il tumore al seno. Secondo alcuni studi, infatti, calcio e vitamina D giocherebbero un ruolo protettivo soprattutto nelle donne al di sopra dei 45 anni o in menopausa. Lo stesso consumo di latte e di derivati, invece, andrebbe evitato (o quantomeno moderato) nelle pazienti che hanno già affrontato un percorso oncologico: gli estrogeni contenuti nel grasso animale, infatti, potrebbero causare recidive.
La bufala del latte associato all’autismo
Su una cosa, invece, la scienza sembra essere di comune accordo: non ci sono evidenze che facciano credere a una relazione positiva tra latte e autismo, come invece qualche tempo fa voleva far credere una bufala fatta circolare da lobby animaliste. Il presunto studio sosteneva che il latte e i derivati, nello specifico la caseina, fossero responsabili di un aggravamento dei sintomi e del quadro clinico generale nelle situazioni di autismo. Si trattava, però, di un meta-studio incompleto che prendeva in revisione solo gli studi precedenti che confermavano la tesi desiderata e, per questo, senza alcuna validità scientifica.